Progetto SST

01/03/2021

Progetto SST (Space Surveillance and Tracking)

Attualmente in orbita geocentrica ci sono 4070 satelliti operativi e 2900 non più funzionanti. A questi quasi 7.000 oggetti devono essere aggiunti i detriti spaziali (“space debris“, come si usa definirli in ambito europeo, oppure “space junk“, come preferiscono denominarli gli americani), formati da stadi di razzi usati per l’immissione in orbita dei satelliti e frammenti che derivano dalle esplosioni dei motori o dalle collisioni già avvenute in orbita. Si stima che, a partire dal lancio dello Sputnik 1 avvenuto il 4 ottobre 1957 a oggi, gli eventi di frammentazione in orbita siano stati circa 560. Il numero di space debris con orbite geocentriche note sono circa 28.000, ma questo non è il numero dell’intera popolazione.

I frammenti più piccoli sfuggono alla detection di radar e telescopi al suolo ed è necessario ricorrere a metodi statistici per avere una stima della popolazione totale di oggetti: un po’ come si fa per stimare il numero totale della popolazione di asteroidi near-Earth: da quelli osservabili si deduce la legge di potenza che li governa e si estrapola alle dimensioni che non sono visibili. Dalle stime risulta che gli space debris con dimensioni maggiori di 10 cm sono 34.000, mentre quelli con dimensioni nel range 1 – 10 cm salgono a 900.000 e a 128 milioni quelli nel range 0,1 – 1 cm. Come si vede lo spazio circumterrestre è davvero molto affollato: gli space debris possono costituire un serio problema per la vita operativa dei satelliti e la navigazione spaziale.

In pratica lo spazio circumterrestre è popolato da una vera e propria “nube” di oggetti artificiali non controllabili, il cui numero aumenta sempre più, sia per i nuovi lanci, sia per effetto delle reciproche collisioni, che – anche se avvengono di rado – aumentano in modo esponenziale il numero dei frammenti più piccoli in orbita. D’altra parte la popolazione dei satelliti operativi è destinata ad aumentare rapidamente nei prossimi anni, basta pensare alla periodica messa in orbita dei satelliti della costellazione degli Starlink, costituita da 12.000 satelliti della società statunitense SpaceX con lo scopo di portare la banda larga in ogni angolo del pianeta. Da qui la necessità di minimizzare il rischio impatto fra satelliti e space debris attraverso un controllo rigoroso e continuo delle loro orbite. Tutte le orbite dei satelliti artificiali sono geocentriche e vengono classificate in base alla loro quota sulla superficie terrestre.

Il telescopio “G. D. Cassini” della stazione osservativa di Loiano dell’INAF-OAS è un riflettore del tipo Ritchey-Chrétien con un diametro dello specchio principale di 1,52 metri e un peso di 9 tonnellate. Lo strumento è ospitato all’interno di una cupola semisferica di 12 metri di diametro.

Tipi di orbite per i satelliti artificiali

Tutte le orbite dei satelliti artificiali sono di tipo geocentrico, ossia hanno come centro di forza il centro della Terra. Sono considerate orbite basse (o LEO, Low Earth Orbit), quelle superiori ai 160 km e inferiori ai 2000 km, dove si fa ancora sentire l’attrito della pur tenue atmosfera terrestre. Ad esempio, la ISS e il telescopio Spaziale “Hubble” sono esempi di satelliti in LEO. I periodi orbitali tipici dei satelliti LEO vanno da 88 a 120 minuti. I satelliti a circa 36.000 km di quota si trovano in orbita geosincrona (o GEO, Geosynchronous Earth Orbit) ossia il periodo orbitale è identico al periodo di rotazione della Terra: 23h 56m 04s. Se l’inclinazione dell’orbita sul piano dell’equatore terrestre è nulla, allora questi satelliti restano fissi in cielo rispetto all’osservatore (ma non alla sfera celeste) e sono chiamati geostazionari. I tipici satelliti geostazionari sono quelli per le telecomunicazioni. I satelliti con orbita compresa fra i LEO e i GEO sono i MEO (Medium Earth Orbit), con periodi orbitali compresi fra 2 e 24 ore. Se la MEO è ellittica il satellite sarà costretto a passare all’interno delle fasce di Van Allen, e questo può costituire un problema per l’elettronica di bordo. Le fasce di Van Allen sono dei toroidi di particelle cariche (elettroni e protoni), intrappolate dal campo magnetico terrestre per effetto della forza di Lorentz. La fascia di Van Allen interna si estende fra 1000 e 6000 km di quota, quella esterna fra 14.000 e 19.000 km. Per la presenza di queste due fasce la zona delle orbite MEO è scarsamente popolata. I tipici satelliti MEO sono usati per la navigazione, le comunicazioni e la geodetica. La quota più comune è appena al di sopra della fascia esterna di Van Allen, a circa 20.200 km, cui corrisponde un periodo orbitale di 12 ore. Quest’orbita viene usata, per esempio, dai satelliti del sistema GPS (Global Positioning System) degli Stati Uniti. Per la bassa energia richiesta al lancio e la possibilità di osservare nei più fini dettagli la superficie della Terra, il tipo di orbita più usata è la LEO: questa è la regione di spazio più affollata da satelliti scientifici, militari, per la meteorologia e la navigazione.

La distribuzione degli space debris in orbita attorno alla Terra (ESA).

Il consorzio EUSST

A livello europeo la sicurezza militare, la protezione delle economie, delle società e dei cittadini si basano su applicazioni di tecnologie spaziali come la comunicazione, la meteorologia, l’analisi del suolo e la navigazione satellitare. Tuttavia, a causa della crescente complessità dell’ambiente orbitale circumterrestre, le risorse spaziali sono sempre più a rischio di collisione con altri satelliti, operativi o meno (space debris). Allo stesso tempo, gli oggetti in orbita possono rientrare in atmosfera e causare danni al suolo. La mitigazione di questi rischi richiede la capacità di misurare la posizione dei satelliti/space debris e di determinarne l’orbita geocentrica. Queste informazioni sono importanti e possono essere condivise con una varietà di aziende/enti interessati. A tal fine, nel 2014 l’Unione europea ha istituito un supporto per la Space Surveillance and Tracking (SST) con la creazione di un consorzio SST supportato da cinque Stati membri dell’UE (Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito), e allargato nel 2018 a ulteriori otto stati con l’aggiunta di Polonia, Portogallo e Romania. L’attività di sorveglianza spaziale si riferisce alla capacità di rilevare, catalogare e prevedere le traiettorie degli oggetti spaziali in orbita attorno alla Terra.

Dal 2016 il Consorzio SST e il Centro satellitare dell’Unione europea lavorano insieme per sviluppare una capacità SST europea in una serie di progetti finanziati dall’UE, noti come “EUSST“. Gli Stati membri dell’UE del consorzio SST hanno designato centri operativi nazionali per la fornitura di servizi SST operativi agli utenti tramite il portale di servizi EUSST. Agli utenti vengono forniti  tre tipi di servizi:

1) Analisi dei flyby: si valuta il rischio di collisione tra satelliti o tra veicoli spaziali e detriti al fine di generare avvisi per la prevenzione delle collisioni durante tutte le fasi della missione.

2) Analisi e informazioni sul rientro: valuta il rischio di rientro incontrollato di oggetti e detriti nell’atmosfera terrestre e genera informazioni correlate, inclusa la stima del lasso di tempo e la probabile posizione del possibile impatto.

3) Frammentazioni in orbita: rilevamento e caratterizzazione di frammentazioni, rotture o collisioni in orbita.

Una “flotta” di satelliti geostazionari ripresi con la camera CCD del telescopio “Cassini” il 14 maggio 2020. Il telescopio inseguiva la sfera celeste a velocità siderale  e questo ha determinato il “mosso” delle tracce satellitari che sono fissi rispetto alla sfera celeste.

Le capacità di Space Surveillance and Tracking sono considerate strategiche dall’Italia e rientrano tra le competenze del Ministero della Difesa che, con ISOC (Italian SST Operational Centre), presso la Base dell’Aeronautica Militare di Pratica di Mare (RM), gestisce il flusso dati dei telescopi ottici e le osservazioni radar della intera rete italiana di EUSST, interfacciandosi e coordinandosi con la rete di sorveglianza spaziale europea. Le caratteristiche di dualità e integrazione dei sistemi di difesa con i dispositivi messi a disposizione da agenzie ed enti di ricerca civili come ASI (Agenzia Spaziale Italiana) e INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica), appunto, consentono all’architettura SST italiana di avvalersi di varie tipologie di sensori (radar, laser e ottici) distribuiti su tutto il territorio nazionale.

Il contributo di OAS a EUSST

In OAS una parte del tempo osservativo del telescopio “G. D. Cassini” della stazione osservativa di Loiano viene dedicato alle osservazioni astrometriche di satelliti/spece debris in stretta collaborazione con ISOC. Con i suoi 1,52 metri di diametro dello specchio principale, il “Cassini” consente di raggiungere una magnitudine limite di circa +22 con pose prolungate. Si tratta del secondo telescopio più grande presente sul territorio italiano e il più sensibile fra i telescopi ottici europei dedicati alla Sorveglianza Spaziale. Grazie alla sua speciale performance, in seno al Consorzio EUSST, “Cassini” viene utilizzato per riprendere gli oggetti più piccoli e distanti dalla Terra, prevalentemente nelle fasce orbitali “alte” ossia GEO e MEO.

Considerata l’alta velocità con cui si muovono i satelliti artificiali (da circa 8 km/s per i LEO a 3 km/s per i GEO), il “Cassini” è stato dotato di un nuovo sistema GPS per misurare con estrema precisione il tempo della ripresa delle immagini dei satelliti. Le immagini e le misure astrometriche ottenute in OAS vengono inviate al database di EUSST e utilizzate per il calcolo degli elementi orbitali dei satelliti nel formato TLE (Two-Line Elements), necessari per implementare i servizi forniti da EUSST stessa. In OAS sono stati sviluppati sia software ad hoc per il calcolo delle effemeridi dei satelliti/space debris usati per puntare il telescopio (“TLE2Ephemeris“) sia software per la misura astrometrica delle posizioni dei satelliti/space debris sulle immagini CCD (“SST2TDM“). Ottenere delle buone misure astrometriche – ossia posizioni con residuo medio dell’ordine del secondo d’arco – è cruciale in questo campo, altrimenti non è possibile determinare l’orbita del satellite/space debris con una precisione accettabile per i servizi forniti da EUSST.

Prospettive future

Il telescopio verrà presto ulteriormente potenziato con la costruzione di una camera CCD a grande campo (progetto SuperFOSC, ovvero Super Faint Object Spectroscopic Camera), in grado di estendere il campo di vista osservato, permettendo anche un’analisi spettroscopica e polarimetrica dei target osservati. Inoltre, è previsto l’affiancamento del “Cassini”, con una serie di nuovi strumenti in fase di realizzazione e da dedicare specificamente alla sorveglianza spaziale. In questo ambito, è in corso di costruzione una batteria di telescopi più piccoli e maneggevoli (progetto TANDEM, Telescope Array eNabling Debris Monitoring), in grado di estendere le osservazioni anche a detriti spaziali veloci, in orbite più basse, grazie al campo di vista notevolmente più ampio di quello del “Cassini”.
Su campi di vista ancora maggiori, virtualmente a “tutto cielo” (ma ovviamente a minore livello di sensibilità delle detezioni), da Loiano verrà operato in remoto il network nazionale di camere all-sky (progetto ASTRA, All-Sky Tracking Array) che sarà in grado di osservare tutti gli oggetti di maggiori dimensioni (e quindi più pericolosi) che sorvolino il territorio italiano su orbite “basse”, in fase di pre-rientro in atmosfera. Queste osservazioni permetteranno di determinare in tempo reale il regime orbitale e il possibile profilo di rischio di questi oggetti in caso di caduta sul nostro territorio, una informazione di interesse diretto anche per il Dipartimento della Protezione Civile nazionale. Le camere della rete ASTRA saranno molto utili in particolare nel caso dei rientri incontrollati, come quello del grande laboratorio spaziale cinese Tiangong 1, del peso di oltre 10 tonnellate, caduto sulla Terra il 2 aprile 2018.

Un remotissimo “detrito spaziale”. Si tratta dell’ultimo stadio del missile cinese Lunga Marcia 3, che ha trasportato in orbita lunare la sonda Chang’è 2, nel 2010. Dopo aver dato l’ultima spinta all’astronave, lo stadio del vettore è rimasto “intrappolato” su un’orbita estremamente ellittica, facendo “l’elastico” fra la Terra e la Luna ogni venti giorni circa, fino al suo definitivo rientro in atmosfera. In questa immagine CCD, lo stadio del missile visto da Loiano con il telescopio “Cassini”, il 26 Dicembre 2016. L’oggetto, di forma cilindrica, procedeva “ruzzolando” lungo la sua traiettoria e questo ha generato la traccia luminosa “a tratto-linea” visibile in alto a destra.

Conclusioni

La complessità del progetto SST e le molteplici attività di servizio e di ricerca coinvolte richiedono un largo spettro di competenze tecnico-scientifiche e un nutrito gruppo di ricerca, attualmente il più numeroso in seno a OAS. In totale una quindicina di persone sono coinvolte a diverso livello nel progetto, includendo anche una crescente frazione di giovani nello svolgimento di progetti di tesi o di tirocinio professionale su queste tematiche spaziali.